Curiosità su Modena, Canossa e Castelnovo ne’ Monti
L'Emilia è una terra ricca di cultura, storia e natura, dove ogni angolo nasconde racconti affascinanti e leggende: ti accompagnamo a scoprire di più sui territori di Modena, Canossa e Castelnovo ne’ Monti.
Esplora con noi i segreti di questi luoghi ricchi di fascino e tradizione.
Modena
Da visitare
- Duomo di Modena
- Largo Sant'Agostino
- La Ghirlandina
- Piazza Grande
- Foro Boario
- Palazzo dei Musei
- Parco Ducale
- Teatro Comunale
- Palazzo Ducale
- Mercato Albinelli
- Museo Enzo Ferrari
Il Duomo di Modena, dedicato a Santa Maria Assunta, è un'imponente cattedrale romanica situata nel cuore della città. Costruito tra il XII e il XIII secolo, il Duomo si distingue per la sua facciata decorata con numerosi rilievi scolpiti e per il maestoso campanile a forma di torre. All'interno, si trovano pregevoli opere d'arte, tra cui dipinti, sculture e affreschi, che testimoniano la ricchezza e la potenza della città nell'epoca medievale. Il Duomo è uno dei principali monumenti di Modena e un simbolo della sua storia e del suo patrimonio culturale.
Il Duomo di Modena è stato dichiarato Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO nel 1997 insieme al suo campanile, la famosa Ghirlandina. Ogni anno attira numerosi visitatori per la sua bellezza e il suo valore storico-artistico. La facciata del Duomo è decorata con marmi bianchi e verdi e presenta un maestoso rosone centrale. È arricchita da numerosi rilievi scolpiti, tra cui le famose raffigurazioni sacre e profane, celestiali e mostruose, realizzate dallo scultore Wiligelmo. Dalla fine del XII secolo fino al XIV, fu affidato ai Maestri Campionesi, famiglia di architetti e scultori provenienti da Campione, il compito di terminare la cattedrale modenese.
Nella scheda dedicata su Tourer.it puoi trovare tante foto e informazioni!
Piazza Sant'Agostino è lo storico accesso alla città di Modena sul lato occidentale, un tempo presidiata dall’omonima porta. Circondata da edifici antichi e palazzi storici, la piazza è dominata dalla imponente facciata della Chiesa di Sant'Agostino, un importante luogo di culto risalente al XIII secolo. Sull’antico convento degli agostiniani, nel diciottesimo secolo il duca Francesco III d’Este realizzò l’Albergo dei Poveri, poi trasformato in Albergo delle Arti ed ora sede dei Musei Civici e della Galleria Estense. Lo stesso duca Francesco III, proprio di fronte, realizzò il Grande Spedale degli Infermi, che mantenne la funzione di ospedale fino alla fine del ventesimo secolo ed è ora in corso di restauro con la futura destinazione di polo culturale. I gradini dell’antica sede della camera di commercio di Via Mondatora e il basamento per la statua dell’Immacolata sul balcone del Palazzo Comunale, sono in realtà i residui di una statua equestre dedicata al Duca Francesco III, che era situata nella Piazza Sant’Agostino. Durante la rivoluzione napoleonica, nel 1796, tale Giovan Battista Fornieri la ruppe a forza di martellate.
Nelle schede di Tourer.it dedicate al Largo Sant'Agostino e al Grande Spedale degli infermi puoi trovare tante foto e informazioni!
La Torre Ghirlandina, alta 89,32 metri, è il simbolo di Modena e sorge accanto al Duomo. Il nome "Ghirlandina" deriva dalle eleganti balaustre che incoronano la guglia, simili a ghirlande. Costruita come torre campanaria, ha sempre avuto anche un ruolo civico, segnando con il suono delle sue campane i momenti importanti della vita cittadina e fungendo da deposito per documenti e oggetti preziosi, tra cui la famosa "Secchia rapita".
La costruzione della torre iniziò intorno al 1160 e si protrasse per diversi secoli, con fasi di costruzione che culminarono nel 1319 con l'aggiunta della cuspide gotica progettata da Enrico da Campione.
Al quinto piano si trova la Stanza dei Torresani, un tempo dimora dei custodi, decorata con capitelli di grande valore artistico.
Dal 1997, la Ghirlandina, insieme al Duomo e a Piazza Grande, è parte del Patrimonio Mondiale dell'Umanità UNESCO.
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Piazza Grande è il cuore pulsante di Modena, dove convergono il potere religioso del Duomo e quello civile del Palazzo Comunale. Sin dal XII secolo, la piazza è stata teatro degli eventi più significativi della città, come la sepoltura di San Geminiano nel 397 e la nascita del libero comune.
Curiosità della Piazza
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Preda Ringadora: Un grande blocco di calcare rosso situato dietro le absidi del Duomo. In passato, veniva utilizzata per diverse funzioni, come palco per arringare la folla, luogo di esecuzioni e come pietra del vituperio, dove i cittadini colpevoli di frode subivano una punizione simbolica.
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La Bonissima: Statua murata all’angolo del Palazzo Comunale, è uno dei simboli della città. Le sue origini sono incerte, ma si crede che rappresenti l'Ufficio della Buona Stima, l'organo che garantiva l'affidabilità delle misure in città.
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Carnevale di Modena: Ogni giovedì grasso, la maschera cittadina Sandrone si affaccia dal balcone del Municipio per tenere un discorso satirico, prendendo in giro le autorità e commentando i fatti dell'anno trascorso.
Piazza Grande ha visto evolversi la sua forma nel corso dei secoli, fino a diventare l’ampio spazio quadrangolare che circonda oggi la Cattedrale, dominato dalla torre Ghirlandina, il simbolo di Modena. Dal 1997, insieme al Duomo e alla torre, è parte del Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO.
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Il Palazzo del Foro Boario di Modena, esteso per oltre 250 metri, rappresenta un importante esempio di architettura storica. Costruito nel 1833 dall'architetto Francesco Vandelli su richiesta del Duca Francesco IV, serviva come luogo per il commercio di bestiame.
Caratteristiche Architettoniche
Il corpo centrale del palazzo si distingue per le sue tre arcate imponenti, dietro le quali si trova un orologio realizzato da Ludovico Gavioli, noto anche per l'orologio del Palazzo Comunale. Il palazzo presenta inoltre rilievi a tema bucolico e una lapide che ricorda la sua fondazione. Oggi il palazzo, restaurato di recente, ospita la Facoltà di Economia dell'Università di Modena e Reggio Emilia, intitolata a Marco Biagi.
Affacciato sul Parco Novi Ark
Dal palazzo si gode una vista sul parco archeologico Novi Ark, un'area verde che in passato era utilizzata per esercitazioni militari e parate. Il parco ha ospitato in tempi recenti eventi di rilievo come "Pavarotti and Friends."
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Nel 1764, il Duca Francesco III d'Este ordinò la costruzione di un grande edificio in Piazza Sant'Agostino, inizialmente destinato a ospitare le Opere Pie della città di Modena. Progettato da Pietro Termanini, l'edificio fu ampliato con parti dell’Arsenale estense e del Convento degli Agostiniani, e completato nel 1771.
Trasformazioni Storiche
Nel 1788, sotto il Duca Ercole III d'Este, il complesso divenne l’“Albergo delle Arti”, un centro per la formazione in mestieri artigianali. Con il tempo, l'edificio servì come sede militare, ricovero per mendicanti e, dopo l'Unità d'Italia, ospitò i Musei Estensi.
Centro Culturale Attuale
Acquisito dal Comune di Modena nel 1881, oggi ospita la Biblioteca Civica d'Arte Luigi Poletti, l'Archivio Comunale e il Museo Civico di Modena. Il palazzo, con la sua architettura del XVIII secolo, ospita anche la Galleria Estense, una delle principali pinacoteche italiane.
Attrazioni
All’ingresso, il cortile presenta la statua del Duca Borso d’Este e il Museo Lapidario Estense, mentre una cappella laica ospita una statua dell'architetto Luigi Poletti. Gli spazi interni comprendono l’Archivio Storico Comunale, la Biblioteca Estense e i Musei Civici Archeologico, Etnologico, e di Arte Medievale e Moderna.
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Giardino Ducale Estense
Il Giardino Ducale Estense, situato nel centro di Modena, è un parco storico con origini che risalgono al 1598. In quell'anno, il Duca Cesare ordinò la recinzione di un ampio spazio a nord del Castello. Trasformato in giardino nel corso del XVII secolo, nel 1634 fu completata la elegante palazzina progettata da Gaspare Vigarani.
Durante il regno di Francesco III, il parco fu arricchito con un orto botanico e, nel XIX secolo, acquisì il suo aspetto attuale con una combinazione di aiuole e aree boschive.
Caratteristiche
Oggi il parco mantiene il disegno storico e presenta una varietà di alberi, tra cui ippocastani, frassini e un imponente ginkgo. Passeggiare lungo i viali di ghiaia è piacevole in ogni stagione, con particolare bellezza in autunno.
Accesso
Aperto al pubblico dal 1739 e riaperto nel 1870 dopo un periodo di chiusura, il Giardino Ducale Estense è uno dei luoghi più significativi di Modena. Accanto si trova l'Orto Botanico di Modena, arricchendo ulteriormente l'esperienza naturale del parco.
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Il Teatro Comunale di Modena, intitolato a Luciano Pavarotti nel 2007, è un prestigioso centro culturale con una lunga tradizione nella musica lirica. La sua costruzione, avviata nel 1838 per volere della comunità e con il supporto del duca Francesco IV, fu progettata dall'architetto Francesco Vandelli, ispirato dai principali teatri europei dell'epoca.
Inaugurato il 2 ottobre 1841 con l'opera Adelaide di Borgogna, il teatro si distingue per la sua facciata neoclassica, adornata da colonne doriche e raffinati bassorilievi di Luigi Righi. Gli interni, arricchiti da decorazioni di Camillo Crespolani e Luigi Manzini, presentano una platea ellittica e una ricca scenografia, compresa una storica opera di Adeodato Malatesta.
Nel corso della sua storia, il teatro ha subito alcuni periodi di chiusura e requisizione, ma è stato restaurato con cura per preservare il suo splendore originale. Dopo il restauro completato nel 1986, è diventato un palcoscenico per le più celebri esibizioni liriche, concertistiche e di balletto.
Il teatro ha ospitato numerosi eventi significativi, tra cui debutti e rappresentazioni di celebri opere, e ha visto esibirsi artisti di fama internazionale come Luciano Pavarotti e Mirella Freni. Nel 2022 è stata istituita una filarmonica locale, e il 1º gennaio 2023 si è tenuto il primo concerto di Capodanno diretto da Hirofumi Yoshida, in un evento ispirato ai tradizionali concerti viennesi.
L'architettura del Teatro Comunale combina eleganza e funzionalità, con un portico a colonne doriche e dettagli decorativi che evidenziano la sua importanza storica e culturale.
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Il Palazzo Ducale di Modena, voluto dal duca Francesco I d'Este e progettato nel 1634 dall'architetto Bartolomeo Avanzini, è uno splendido esempio di architettura barocca. La sua imponente facciata e il magnifico Cortile d'Onore, con il loggiato a due piani, testimoniano il prestigio della Corte Estense, che vi risiedette fino al 1859. Oggi il Palazzo ospita l'Accademia Militare di Modena, un'istituzione di eccellenza che forma gli ufficiali dell'Esercito Italiano e dell'Arma dei Carabinieri.
Tra gli ambienti visitabili spiccano lo Scalone d'Onore, ornato da statue romane, e l'Appartamento di Stato, che include magnifiche sale come la Galleria dei Bronzi e il Salone d'Onore. La ricca storia del palazzo comprende anche la sua trasformazione, nel 1860, in sede della Scuola Militare di Fanteria grazie al re Vittorio Emanuele II. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il Palazzo subì danni, ma venne restituito all'Accademia Militare nel 1947.
Il Palazzo Ducale di Modena è sede dell'Accademia Militare, ed è quindi soggetto a particolari condizioni di visita.
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Il Mercato Albinelli, inaugurato nel 1931, fu progettato per offrire un riparo elegante ai venditori ambulanti di Piazza Grande, garantendo al tempo stesso standard innovativi di igiene, come banchi in marmo e acqua corrente per ogni postazione. Situato nel cuore di Modena, tra via Albinelli e piazza XX Settembre, è un esempio di architettura liberty, con al centro la fontana della “Portatrice di frutta” dello scultore Giuseppe Graziosi.
Oggi, il mercato è un luogo vivace e affollato dove si trovano prodotti freschi e tipici della tradizione modenese, dai salumi ai formaggi, dalla frutta alle verdure. Botteghe storiche, alcune tramandate di generazione in generazione, offrono un'esperienza autentica di convivialità. Frequentato da cittadini e turisti, il mercato propone anche eventi serali e degustazioni. Un luogo che racchiude il vero spirito della città, il Mercato Albinelli è parte integrante della vita quotidiana modenese, dove la spesa diventa un viaggio nei sapori locali e italiani.
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Il Museo Enzo Ferrari di Modena offre un'esperienza unica che ripercorre la vita e la carriera del celebre fondatore della Ferrari. Inaugurato nel 2012, si sviluppa su due edifici: la casa natale di Enzo Ferrari, restaurata per mantenere il suo aspetto originale, e un padiglione futuristico che ospita una collezione di automobili esposte come opere d’arte. La Casa Natale racconta la vita dell’uomo, pilota e imprenditore, attraverso immagini, cimeli e filmati inediti.
Il padiglione moderno, di oltre 2500 metri quadrati, è un tributo all’intera storia della Ferrari e del motorsport modenese, con un’esposizione dinamica di auto storiche. Il Museo dei Motori Ferrari, situato nell’officina del padre di Enzo, espone i leggendari motori Ferrari, suddivisi in cinque sezioni. Lo spettacolo audiovisivo coinvolge i visitatori in un viaggio immersivo attraverso i 90 anni di vita di Ferrari.
Il museo rappresenta una celebrazione della passione per l'automobilismo e la tradizione motoristica modenese.
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Da gustare
E se desideri vivere un'esperienza autentica, ti invitiamo a scoprire le specialità della zona!
Le tigelle modenesi, simbolo della cucina dell'Appennino modenese, sono un pane tradizionale preparato con farina di grano tenero, strutto, sale e lievito, impastati con acqua. In origine, il nome "tigelle" indicava gli stampi di terracotta usati per cuocere queste focaccine, ma nel tempo è stato esteso anche al prodotto finito, un tempo chiamato "crescentina."
Origini e Tradizione
Nell'Appennino modenese, le tigelle sono state un alimento essenziale per secoli, soprattutto in periodi di scarsità, quando la farina di castagne spesso sostituiva quella di grano. La cottura avveniva tra due dischi di terracotta, che venivano riscaldati vicino al fuoco o impilati in appositi strumenti di ferro chiamati "tigiarol."
Preparazione Tradizionale
L'impasto delle tigelle viene lavorato fino a ottenere una consistenza elastica, poi suddiviso in piccoli dischi di circa 8-10 cm di diametro. Dopo la lievitazione, i dischi vengono cotti a contatto con superfici calde, un processo che richiama la cottura tradizionale tra i dischi di terracotta.
Delizie della Cucina Modenese
Una volta cotte, le tigelle vengono tagliate a metà e farcite con un pesto tipico della zona, conosciuto come "cunza," composto da lardo, aglio e rosmarino. Questo condimento esalta il sapore autentico di questa specialità modenese.
La Leggenda del tortellino
L'Emilia è conosciuta come la patria dei tortellini, ma la loro origine è avvolta da affascinanti leggende. Una di queste narra che tutto ebbe inizio durante il Medioevo, in occasione della battaglia del 1325 tra Bologna e Modena, scaturita - secondo il racconto popolare - dal furto di un semplice secchio.
Questa storia, resa celebre dal poeta modenese Alessandro Tassoni e ripresa successivamente da altri autori, racconta che alla battaglia parteciparono anche le divinità Venere, Bacco e Marte, schierandosi a favore dei modenesi. Si dice che, dopo una notte trascorsa in una locanda, Venere fu sorpresa nuda dal proprietario, il quale, incantato dalla sua bellezza, cercò di riprodurre con la pasta la forma perfetta del suo ombelico, dando vita così al tortellino.
La Disputa Bologna - Modena
Il tortellino è associato a Castelfranco Emilia, un comune oggi appartenente alla provincia di Modena ma che, fino al 1929, faceva parte della provincia di Bologna. Questo ha alimentato una lunga disputa tra le due città per la paternità del celebre piatto. Tuttavia, come sottolineano molti esperti di cucina, la tradizione della pasta ripiena si estende lungo tutta la Via Emilia, con varianti che arricchiscono questo prezioso patrimonio gastronomico.
L'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP è un condimento pregiato, prodotto esclusivamente nella provincia di Modena, secondo un processo antico e rigoroso. Protetto dalla Denominazione di Origine Protetta (DOP), viene invecchiato per almeno 12 anni, con una versione "Extra Vecchio" che richiede un invecchiamento minimo di 25 anni.
Caratteristiche Uniche
A differenza dell'Aceto Balsamico di Modena IGP, che può includere aceto di vino, il Tradizionale DOP è fatto solo con mosto cotto d'uva, invecchiato in serie di botti di legni diversi, senza aggiunta di altri ingredienti. Il legno delle botti gioca un ruolo cruciale, influenzando il sapore e le caratteristiche organolettiche del prodotto.
Legame con il Territorio
Il mosto proviene da sette vitigni tipici della zona di Modena, tra cui Lambrusco, Trebbiano e Ancellotta, che conferiscono all'aceto un legame profondo con il territorio. Questo aceto è ideale per essere degustato in purezza, in piccole quantità, per apprezzarne l'equilibrio, la complessità e la persistenza.
Le origini leggendarie dello Zampone Modena e del Cotechino Modena risalgono a secoli fa, in un contesto di necessità e ingegno nel territorio modenese.
La Storia
Correva l'anno 1511, quando le truppe di Papa Giulio II della Rovere assediavano la città di Mirandola, governata dalla famiglia Pico della Mirandola. Con le risorse alimentari al lumicino, i cittadini avevano a disposizione solo alcuni maiali, che dovevano proteggere dall'invasore.
Secondo la leggenda, un cuoco al servizio dei Pico ideò un metodo per conservare la carne: la insaccò nella pelle delle zampe anteriori dei maiali, creando così un alimento da cuocere in un secondo momento. Questo espediente, nato dalla necessità, avrebbe dato vita allo Zampone e al Cotechino, due prodotti destinati a diventare simboli della tradizione culinaria modenese.
L'Ascesa dell'Ottocento
Nel XIX secolo, Zampone e Cotechino Modena guadagnarono popolarità, anche grazie all'apprezzamento di personaggi illustri. Il gastronomo romano Vincenzo Agnoletti iniziò a menzionare lo Zampone nei suoi scritti, mentre il celebre compositore Gioacchino Rossini, noto per le sue passioni culinarie, esprimeva nelle sue lettere il desiderio di ricevere "quattro Zamponi e quattro Cotechini, della migliore qualità."
Tradizione e Qualità
Considerati gli antenati di tutti gli insaccati con cotenna, Zampone e Cotechino Modena continuano ad essere preparati secondo ricette tradizionali tramandate da oltre 500 anni. La certificazione IGP (Indicazione Geografica Protetta) garantisce che questi prodotti mantengano la ricetta autentica e soddisfino gli standard di qualità richiesti dalla gastronomia contemporanea.
La Tutela del Consorzio
Dal 2001, un consorzio dedicato si impegna a preservare e promuovere queste due specialità italiane, assicurando che continuino a rappresentare l'eccellenza della tradizione culinaria modenese.
Curiosità
Lo zampone è uno dei simboli della tradizione gastronomica modenese. La sua preparazione richiede particolare attenzione anche per il singolare "involucro" che lo caratterizza: la zampa del maiale. Tradizionalmente, in Emilia, la parte inferiore della zampa del maiale non veniva utilizzata per i prosciutti, lasciando spazio a usi più creativi e ingegnosi, come quello che ha portato alla nascita dello zampone.
Credit photo : Emilia Romagna Turismo
Canossa
Da visitare
Nell’Appennino Reggiano nel Comune di Canossa è situato l’omonimo Castello. Il Castello di Canossa è una delle più affascinanti rocche medievali dell’Appennino Reggiano, costruita tra la fine del X e la metà del XI secolo dalla dinastia dei Canossa. La rocca sorge su una rupe di arenaria bianca ed è circondata da un paesaggio suggestivo che rende il luogo straordinario.
Il Castello di Canossa è conosciuto soprattutto per la sua storia, legata alla conciliazione dell’imperatore Enrico IV con papa Gregorio VII nell’anno 1077, di cui Matilde di Canossa è stata protagonista. Legata quindi a questo luogo è anche il detto “Andare a Canossa”, in riferimento all’umiliazione subita da Enrico IV che ha atteso per tre giorni e tre notti al freddo e al gelo il perdono di papa Gregorio VII.
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Credit Photo: Wikimedia (cco)
Incastonato sulle colline dell'Appennino reggiano, il Castello di Rossena sorge come un'imponente sentinella, testimone di un passato ricco di storia e di avvenimenti. Eretto nel X secolo, questa roccaforte ha svolto un ruolo cruciale nella difesa del territorio, proteggendo i possedimenti delle potenti famiglie che si sono susseguite nel corso dei secoli.
Le sue mura massicce e le sue torri, progettate per resistere a ogni assalto, lo rendono un esempio straordinario di architettura militare medievale. La posizione strategica, che domina la vallata sottostante, lo ha reso un punto di riferimento fondamentale per il controllo del territorio.
Nel corso dei secoli, il castello è stato testimone di scontri, intrighi e trasformazioni politiche. È passato sotto il dominio di diverse famiglie nobili, tra cui i Canossa, i Da Correggio e i Farnese, ognuna delle quali ha lasciato il proprio segno sulle sue strutture.
Oggi, il Castello di Rossena è un luogo ricco di fascino e di storia, che ci permette di immergerci nell'atmosfera del Medioevo. Le sue mura, cariche di ricordi, raccontano di un passato affascinante e ci invitano a scoprire i segreti che custodiscono.
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Tra le maestose rovine del Castello di Rossena e il celebre maniero di Canossa, incastonati tra le dolci colline dell'Appennino reggiano, si estende un paesaggio unico nel suo genere: l'anfiteatro calanchivo del Rio Vico. Questa suggestiva area, caratterizzata da profonde incisioni nel terreno che ricordano i solchi di un aratro, è il risultato di un lento e inesorabile processo di erosione causato dalle acque piovane che, nel corso dei millenni, hanno modellato le morbide argille mioceniche. I calanchi, con le loro forme sinuose e i loro colori ocra, creano un'atmosfera quasi lunare, un paesaggio che sembra uscito da un dipinto. La loro bellezza aspra e selvaggia contrasta con la dolcezza delle colline circostanti, offrendo uno spettacolo affascinante per chi ama la natura e la geologia.
Un patrimonio geologico da proteggere
Proprio per la sua unicità e fragilità, l'area dei calanchi è stata riconosciuta come un geosito di grande valore scientifico e ambientale. I calanchi, infatti, sono delle vere e proprie "cattedrali della geologia", in grado di svelarci i segreti della storia geologica del nostro pianeta.
Un viaggio nel tempo
Percorrendo i sentieri che si snodano tra i calanchi, è possibile intraprendere un viaggio nel tempo, ammirando le diverse fasi dell'erosione e scoprendo le tracce lasciate dai fenomeni naturali. Ogni calanco è un'opera d'arte scolpita dalla natura, un'espressione della forza inarrestabile degli elementi.
Un'eredità da tutelare
La tutela dei calanchi è fondamentale per preservare questo patrimonio geologico e paesaggistico di inestimabile valore. Grazie all'istituzione di aree protette e a interventi di valorizzazione, è possibile conciliare la conservazione dell'ambiente con la fruizione turistica, offrendo a tutti l'opportunità di ammirare questo spettacolo della natura.
Creato nel 1993 da Giuliano Cervi e Daniele Canossini, il Sentiero dei Ducati è un percorso escursionistico che si estende tra il Fiume Po e il Mar Tirreno, attraversando un paesaggio ricco di storia e bellezze naturali. Questo itinerario è noto per la sua capacità di rivelare luoghi meno frequentati dell'Appennino. Lontano dai percorsi tradizionali, permette di esplorare ambienti naturali intatti e di godere di panorami spettacolari.
Un Percorso Multiforme
Non limitato solo agli appassionati di trekking, il Sentiero dei Ducati include dal 2022 un tracciato dedicato alla mountain bike e al gravel, parallelo a quello pedonale. Questa diversificazione offre una gamma di opzioni per esplorare il percorso, sia a piedi che in bicicletta, offrendo l'opportunità di esplorare un territorio ricco di storia e natura, lasciando ricordi indelebili.
Un Viaggio Storico
Il cammino attraversa una varietà di paesaggi, dalle dolci colline dell'Emilia ai passi montani dell'Appennino, fino alla costa ligure. Lungo il percorso, è possibile scoprire borghi medievali, castelli, pievi e antichi mulini, elementi che raccontano una storia millenaria. Il Sentiero dei Ducati offre un'immersione nel passato, svelando le tracce delle antiche civiltà e dei ducati estensi che governavano queste terre.
Il Sentiero dei Ducati include tappe significative come il Castello di Rossena, una struttura imponente risalente alla seconda metà del X secolo. Restaurato e trasformato in un ostello con 50 posti letto, il castello è solo una delle molte meraviglie lungo il percorso.
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Da gustare
E se desideri vivere un'esperienza autentica, ti invitiamo a scoprire le specialità della zona!
Un percorso che guida alla scoperta di un territorio ricco di storia, arte e sapori inconfondibili. La Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli di Scandiano e Canossa offre un viaggio unico tra le colline reggiane, un susseguirsi di paesaggi, antichi borghi e maestosi castelli medievali.
Un Itinerario tra le Colline Matildiche
Partendo da Reggio Emilia, questo percorso si estende per oltre 140 chilometri, attraversando quindici comuni e toccando luoghi simbolici come Bibbiano, Quattro Castella, San Polo d'Enza e Canossa. Le colline, un tempo dominio della contessa Matilde di Canossa, custodiscono un inestimabile patrimonio storico e artistico, fatto di castelli, pievi romaniche e ville signorili che raccontano secoli di storia.
Sapori Autentici e Tradizioni Secolari
La Strada dei Vini e dei Sapori è anche un viaggio nei gusti autentici della tradizione contadina, tramandata di generazione in generazione. I vini DOC "Colli di Scandiano e Canossa", tra cui spiccano il Bianco Classico Superiore e lo Spergola, sono imperdibili per gli intenditori. E il Lambrusco, nelle sue varie tipologie, rappresenta il compagno ideale per i piatti della cucina reggiana.
Le origini della Bomba di Canossa si perdono nella notte dei tempi, intrecciate con la ricca storia dell'Emilia Romagna. Il nome, evocativo della potente contessa Matilde di Canossa, suggerisce un legame con un passato glorioso.
Questo dolce, nato dalla creatività e dalla maestria dei pasticceri reggiani, è un simbolo dell'eccellenza gastronomica locale. La sua preparazione, un'arte tramandata di generazione in generazione, richiede pazienza e ingredienti genuini.
Assaporare una Bomba di Canossa significa fare un viaggio nel tempo, riscoprendo i sapori e le tradizioni di un'epoca passata. Un'esperienza che va oltre il semplice piacere del gusto, offrendo un'immersione nella cultura e nella storia di un territorio affascinante.
Credit Photo: Reggio Emilia Welcome
Il Culatello di Canossa, un tesoro gastronomico dell'Appennino reggiano, si distingue per le sue caratteristiche uniche, frutto di un sapiente lavoro artigianale e di un microclima particolarmente favorevole. E' un prodotto d'eccellenza, frutto di un lavoro artigianale paziente e meticoloso. Ogni fase della produzione, dalla selezione delle materie prime alla stagionatura, viene eseguita con cura e attenzione ai dettagli, per garantire un prodotto finale di altissima qualità.
Un microclima d'eccezione
Le colline matildiche, dove nasce il Culatello di Canossa, godono di un clima secco, molto diverso da quello delle pianure circostanti. Questa caratteristica, se da un lato potrebbe sembrare un ostacolo alla stagionatura di un salume, dall'altro ha rappresentato una sfida che i mastri norcini hanno saputo trasformare in un'opportunità.
Una tecnica di stagionatura millenaria
Per preservare l'umidità naturale del Culatello e garantire una stagionatura lenta e uniforme, i norcini hanno messo a punto una tecnica secolare. La cotenna, il grasso sottostante e l'anchetta vengono lasciati intatti, creando una sorta di "guaina naturale" che protegge la carne dalle eccessive dispersioni idriche. Grazie a questa tecnica e alle condizioni climatiche ideali, il Culatello di Canossa sviluppa un sapore dolce e delicato, con note aromatiche intense e persistenti. La sua consistenza è morbida e fondente, e al palato si scioglie lentamente, regalando un'esperienza gustativa unica.
Castelnovo ne' Monti
Da visitare
- La pietra di Bismantova
- L' Eremo di Bismantova
- Centro Laudato Sì
- Sito pre-protostorico di Campo Pianelli
- Percorsi e Sentieri
La Pietra di Bismantova è un maestoso massiccio roccioso che domina il paesaggio dell'Appennino Reggiano con la sua caratteristica forma a nave. Questo imponente rilievo, lungo un chilometro e alto 300 metri, è un perfetto esempio di erosione residuale, formatosi circa 15 milioni di anni fa, nel Miocene medio-inferiore. In un ambiente marino poco profondo e dal clima tropicale, si è sviluppata la calcarenite che costituisce la Pietra, poggiata su marne argillose. Al suo interno sono custodite tracce fossili, come gusci di molluschi e denti di pesci, che testimoniano il passato marino di questa formazione.
Il paesaggio circostante è altrettanto variegato: dai boschi di Roverella e Ginepro, ai versanti freschi dove crescono Noccioli e Aceri, fino alle aree detritiche ricche di piante xerofile come l’Elicriso italico. Il pianoro sommitale, un tempo pascolo, oggi è segnato dall'espansione del bosco, che rischia di nascondere la forma distintiva della Pietra. Questa evoluzione, pur naturale, ha suscitato preoccupazioni tra chi vede nella Pietra un simbolo identitario del territorio. Per questo, sono stati avviati progetti per preservare l'unicità di questo emblema paesaggistico, celebrato anche da Dante nella sua Commedia.
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Credit Photo: Emilbanca Tour
La Pietra di Bismantova è da sempre considerata un luogo di profonda spiritualità, un simbolo di connessione con il divino. Questo legame è testimoniato dalla presenza di una necropoli risalente all'XI secolo a.C. ai piedi del massiccio, nell'area conosciuta come Campo Pianelli. Nel corso dei secoli, la sommità della Pietra ha ospitato accampamenti e fortificazioni militari, spesso accompagnati da luoghi di culto, a sottolineare il suo ruolo sacro.
Ai piedi della rupe sorge un eremo, edificato nel 1617, oggi un santuario mariano diocesano. Nella sagrestia dell'eremo si conservano affreschi del XV secolo, tra cui spicca l'immagine della Madonna di Bismantova, venerata durante il pellegrinaggio che si svolge ogni anno nel mese di maggio. Questo luogo sacro ha subito numerosi restauri nel tempo, l'ultimo dei quali è stato completato nel 2021, dopo una frana che fortunatamente non ha causato vittime.
Nei dintorni della Pietra, i paesi ospitano antiche chiese e piccoli oratori, come quelli dedicati a Sant'Apollinare, ai Santi Pietro e Paolo, e a San Prospero. Inoltre, sono disseminate nel territorio numerose icone, maestà e segni di devozione, che raccontano di una lunga tradizione di fede e culto popolare.
La Pietra di Bismantova è anche avvolta da numerose leggende e racconti popolari, che aggiungono un'aura di mistero al suo fascino. Luoghi come la "grotta del diavolo" e la "testa di cavallo" sono solo alcuni degli esempi che testimoniano l'importanza simbolica e spirituale di questo massiccio roccioso, che continua a essere meta di pellegrinaggi e fonte di ispirazione per chi lo visita.
Questo territorio ricco di storia, è stato descritto dal poeta Giosuè Carducci come la “Vedetta dell’Appennino”. Prima ancora Dante Alighieri ne fa una descrizione nel IV canto del Purgatorio.
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Il Centro accoglie visitatori nel seminterrato della struttura complessiva, che lascia l’accesso al piano terra dove si trova il Santuario. Al primo piano si trovano invece gli spazi museali, la biblioteca, l’archivio e la zona bacheche. Al secondo piano invece sono presenti alcuni uffici, come il servizio della Protezione Civile, del Centro regionale delle guide alpine ed altri ancora.
Campo Pianelli, situato ai piedi della Pietra di Bismantova, è stato un sito di importanza strategica sin dai tempi antichi, grazie alla presenza di numerose sorgenti che mancavano sulla sommità della rupe, utilizzata come rifugio sicuro in caso di necessità.
Il primo insediamento risale alla fine dell’età del Rame, circa 2500 a.C., durante la cultura del bicchiere campaniforme. Secoli dopo, nella media età del Bronzo (circa 1550-1450 a.C.), si sviluppò un villaggio esteso, abitato da circa cento persone, con caratteristiche simili alle Terramare della pianura. Questo villaggio prosperò fino agli inizi del XII secolo a.C., quando la civiltà iniziò a declinare.
Intorno all’XI secolo a.C., durante il bronzo finale, il sito venne utilizzato come necropoli, un cimitero a cremazione di cui non è ancora stata individuata l’esatta ubicazione. Dopo un lungo periodo di abbandono, alla fine del VI secolo a.C., un nuovo insediamento fu fondato, mostrando influenze sia etrusche che liguri. Tuttavia, verso il IV secolo a.C., anche questo abitato venne abbandonato, lasciando solo occasionali tracce di frequentazioni romane o medievali.
Nel corso degli anni, numerose campagne di scavo hanno portato alla luce preziosi reperti, inclusi ossuari decorati e manufatti in bronzo, ora esposti nei Musei Civici di Reggio Emilia. Questi ritrovamenti testimoniano l’importanza storica e archeologica di Campo Pianelli, che continua a rivelare dettagli significativi sulla vita e le culture che si sono susseguite in questa regione.
La Pietra di Bismantova è un'icona dell'alpinismo e dell'arrampicata sportiva in Emilia Romagna, rinomata per la sua completa palestra di roccia naturale. Ogni giorno, arrampicatori di tutte le età si confrontano con le sfide offerte dall'arenaria di questo imponente monolite. La varietà dei percorsi è notevole: dai settori dedicati all'arrampicata sportiva e al bouldering, fino alle vie lunghe, che spaziano dalle classiche alle moderne, adatte a diversi livelli di esperienza.
Per gli escursionisti esperti, la Pietra offre anche una via ferrata, che permette di raggiungere la cima attraverso passaggi panoramici. I percorsi, molti dei quali segnati dal Club Alpino Italiano (CAI), partono da varie località della zona.
Da gustare
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L'erbazzone, una tipica torta salata della tradizione reggiana, ha origini antiche che risalgono fino al Medioevo. Questo piatto nasce nel contesto rurale, come una preparazione semplice e nutriente, dove il ripieno principale è costituito dalla bietola, una pianta di cui si utilizzano sia le foglie che le coste. In dialetto locale, questo piatto è conosciuto come scarpasòun o scarpazzone, nome che richiama proprio l'uso delle coste della bietola, chiamate "scarpe".
Lo scarpazzone viene solitamente preparato durante la stagione della raccolta delle bietole, da fine giugno a ottobre. Nei mesi in cui le bietole non sono disponibili, il ripieno viene adattato con altre verdure di campo, come gli spinaci, e questo adattamento ha portato all'evoluzione del nome in erbazzone.
La ricetta dell'erbazzone è caratterizzata da pochi ingredienti semplici e genuini. Il ripieno, composto da erbe lessate e insaporite con Parmigiano Reggiano e lardo, viene racchiuso tra due strati di pasta sottile, chiamata foieda.
L'erbazzone è attualmente in fase di riconoscimento per ottenere il marchio IGP (Indicazione Geografica Tipica)